lunedì 11 luglio 2011

Indecenti. Se ne andranno solo con il nostro voto

Claudio Fava
Proponiamo di seguito un articolo di Claudio Fava: "Ogni volta che un’indecenza scuote il governo o i suoi ministri, ogni volta che un’intercettazione, una foto, un fuori onda, una dichiarazione intempestiva getta l’ennesima luce di miseria e di discredito su questo esecutivo, s’alza un brusio dall’Italia per bene: ora se ne andranno. E invece non se ne vanno mai.
Nemmeno adesso che il ministro dell’economia Tremonti, colui che compitando ricette come un maestrino ci spiega ogni mattina quante lacrime bisogna versare per uscire dalla crisi, viene beccato nella magione affittata dall’onorevole amico suo a 8.500 euro al mese (dodici volte la pensione media di un italiano). Da un signore che tiene sul palmo della mano i conti degli italiani, che taglia e riduce ogni mattina le spese, gli stipendi e le pensioni degli altri, ci saremmo aspettati qualche parola più congrua per spiegare le spese sue (o le spese degli altri per conto suo). Che so: mi dispiace, è stata una leggerezza, chiedo scusa agli italiani… Non dico le dimissioni, istituto abrogato per desuetudine da questo centro destra, ma almeno un atto di pubblica contrizione: invece zero. Eppure materia di cui In un altro paese, in un altro tempo, non dico un ministro ma un personaggio pubblico non permetterebbe che nessuno gli paghi nemmeno la bolletta del gas per non aver mai alcun debito di gratitudine. E’ un principio elementare di ogni civil servant: la limpidezza delle sue azioni è conseguenza dell’autonomia delle sue decisioni. E se qualcuno ti paga un affitto da principe, un po’ di gratitudine, un occhio di riguardo, un’attenzione particolare prima o poi gliela dovrai: o no?
chiedere scusa ce ne sarebbe. C’è un collaboratore del ministro, tal onorevole Milanese, marito della sua portavoce e anche prossimo ad andare in galera, che gli paga di tasca sua la casa romana: e lui, il ministro, si limita a dire che, appena ha saputo, ha dato ordine alla servitù di traslocare in altra dimora.
In un paese normale il ministro in questione avrebbe tolto il disturbo. E se non l’avesse fatto, l’avrebbe dimissionato il capo del suo governo. In Italia invece, il giorno dopo, Berlusconi spiega che lui governerà fino al 2013, che ha già scelto, come nella casa Savoia, l’erede suo al trono e che non gli rompano le balle che ora bisogna riformare il paese. Con chi? Con Tremonti. In un paese normale, un ministro che si sente dare da un collega del coglione in diretta televisiva, o lo sfida a duello o si dimette. Invece Brunetta, preso platealmente per i fondelli da Tremonti durante la conferenza stampa sulla manovra, il giorno dopo abbozza, sorride e se ne fotte: Tremonti gli ha chiesto scusa, quindi tutto risolto. In un paese davvero risolto, aggiungo io, il Presidente della Repubblica, accanto alle legittime reprimende per i frastuoni della politica, convocherebbe a palazzo i suddetti signori e pretenderebbe in nome della Costituzione (articolo 54, “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”) spiegazioni sul loro comportamento.
Invece non accade nulla. Berlusconi resta al proprio posto e organizza la discendenza al trono. Tremonti detta due righe spocchiose alle agenzie e poi va a ridurre in coriandoli le pensioni. Brunetta è contento che Tremonti lo consideri un cretino ma poi si sia scusato. Montezemolo ci fa sapere che mai la politica italiana ha conosciuto giorni più cupi (solo un omonimo, supponiamo, dell’altro Montezemolo che dichiarava ieri l’altro “…ho chiamato Bisignani perché so che è amico di Mauro Masi. Volevo che agisse proprio facendo leva sulla sua amicizia nell’interesse di Edwige Fenech, che è stata la mia compagna e che ora si occupa di produrre fiction per la Rai…”). Insomma, ciò che sconvolge non sono i fatti ma la loro caducità, acqua di pioggia di cui non resta traccia nei verbali della storia il giorno dopo. Negli Stati Uniti un ministro s’è dimesso per non aver pagato i contributi alla propria colf. In Italia avrebbe cacciato la colf e poi sarebbe andato in tivù da Vespa a spiegare la buona politica agli elettori.
Non se ne andranno per via giudiziaria né per un rigurgito di dignità. Se ne andranno solo quando li manderemo a casa con il nostro voto. Quel giorno verrà. Dovremo esserne degni".
Claudio Fava

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